Il degno capitolo finale del franchise che segna il debutto alla regia di Patrick Wilson: un horror meno spaventoso ma con una storia più “umana”.
Insidious La Porta Rossa, il quinto e ultimo capitolo della saga cinematografica iniziata ben tredici anni fa, e, in linea temporale, il sequel di Oltre i confini del male – Insidious 2, riprende le vicende della famiglia Lambert, dopo i due prequel Insidious 3 L’inizio e Insidious – L’ultima chiave.
Josh (Patrick Wilson) e Renai (Rose Byrne), dopo i traumatici eventi del secondo capitolo, hanno divorziato, e i rapporti del padre con il figlio, oramai adulto, Dalton (Ty Simpkins) non è tra i più sereni.
Quest’ultimo parte per il college e fa conoscenza con una studentessa di nome Chris (Sinclair Daniel).
Durante una lezione di pittura, la professoressa Armagan (Hiam Abbass) chiede a tutti i suoi studenti di concentrarsi e di scavare più a fondo nelle loro emozioni interiori, per ‘sbloccare’ la propria creatività, cosa che in qualche modo fa sì che Dalton ricordi delle cose sopite: cose che lo portano a disegnare la misteriosa “porta rossa”.
Questa porta rossa in questione si riferisce al percorso verso una dimensione ultraterrena chiamata L’Altrove, ovvero il mondo astrale, governato da presenze spettrali, misteriose e anime sofferenti, insieme ad ombre maligne e spiriti maligni.
La sceneggiatura, scritta da Scott Teems, è alquanto semplice, mentre il regista Patrick Wilson si concentra molto sui protagonisti, sui loro caratteri, sui propri percorsi evolutivi, in particolare sui traumi adolescenziali di Dalton e soprattutto su quelli del suo personaggio, con i suoi conflitti interiori, che lo rendono più vero e più umano.
La porta rossa in fondo si può rappresentare come una metafora, di ciò che separa il conscio dall’inconscio.
Perché non lasciarsi il passato alle spalle e andare avanti?
Voler rimuovere gli eventi traumatici delle nostre vite non è una soluzione, in quanto i fantasmi del passato torneranno, prima o poi, a tormentarci.
Qualsiasi momento di stress, o durante un trauma o un incidente, potrebbero riemergere tali ricordi dolorosi e questi finirebbero per stravolgere nuovamente le nostre vite.
Forse sarebbe meglio affrontare, metabolizzare e accettare i nostri episodi più dolorosi, così da poter andare avanti e a vivere la propria vita con serenità e fiducia.
Un tema che mi è piaciuto più di altri dell’intero franchise è quello dell’ “esperienza fuori dal corpo”, chiamata anche, dai più esperti, OBE (Out of the body experience), o in alternativa “esperienza extracorporea” o “bilocazione”, ovvero quell’esperienza, spontanea o indotta, nella quale il centro della coscienza del soggetto sembra occupare una posizione esterna e separata rispetto al corpo materiale. Un argomento, per me, di notevole interesse, ampiamente documentato in tutto il mondo, insieme a migliaia di testimonianze di ogni epoca e luoghi.
Sono stati annunciati diversi spin-off e spero che possano approfondire questo argomento.
Consiglio la visione.
VOTO: 8/10
Francesco Marchiori
Comments