C'è un racconto di fantascienza dello scrittore Brian Aldiss che mi è sempre sembrato una metafora della vita umana.
In esso sei persone, quattro uomini e due donne, vivono insieme in una casa, che pare non trovarsi in alcun luogo particolare.
Ogni mattina si alzano e guardano nella dispensa, dove compaiono misteriosamente le loro scorte di cibo.
Passano il giorno giocando a carte e divertendosi, senza mai annoiarsi.
La sera vanno a letto.
Sembrano non chiedersi mai cosa facciano lì, o come ci siano giunti.
Una notte, uno di essi, l'uomo di nome Harley, si sente a disagio e si costringe a rimanere sveglio.
Vede un altro uomo uscire dalla sua camera e andare in dispensa.
Quando vi sbircia dentro, Harley si accorge che una parete si è spostata, e che dietro c'è un corridoio.
Preoccupato e inquieto, corre a svegliare un altro dei suoi compagni.
"Accade qualcosa di strano" gli dice, "c'è un modo per uscire. Dobbiamo scoprire chi siamo: vittime di qualche terribile esperimento, o mostri tutti quanti...".
Ma mentre parla il suo compagno sembra dissolversi: in realtà Harley scopre che si è trasformato in una specie di insetto.
Harley riesce infine a trovare il modo di uscire fuori.
E' tormentato dal desiderio di scoprire chi sia e cosa ci faccia lì: si sente derubato degli anni trascorsi in quella casa.
Vede allora degli edifici e corre nella loro direzione, poi spinge una porta socchiusa ed entra in una stanza illuminata.
C'è un uomo seduto dietro una scrivania, che gli dice: "Ti ci sono voluti quattro anni per uscire di lì".
Poi gli spiega cos'è successo.
La Terra è in guerra con creature simili a insetti chiamate Nitiniani.
I Nitiniani giungono sul nostro pianeta, uccidono esseri umani e si sostituiscono a essi.
Riescono ad assumere e a mantenere l'aspetto umano grazie a una forma di autoipnosi, mediante la quale condizionano se stessi a comportarsi come essere umani.
Ma un gruppo di Nitiniani è stato catturato e rinchiuso in un ambiente limitato, e un essere umano è stato inserito tra loro, come osservatore.
Poiché l'uomo ama star seduto o gironzolare per la casa senza far niente, i Nitiniani lo imitano, e anch'essi fanno niente.
Non si chiedono mai chi sono, o chi consegna loro il cibo ogni giorno, o cosa si trova al di fuori della casa: pur con l'aspetto di uomini e donne, non flirtano nemmeno tra loro.
Accettano semplicemente la loro situazione.
L'uomo che Harley ha visto allontanarsi attraverso il corridoio dietro la parete della dispensa è l'osservatore umano, che se ne andava per la notte.
Harley si rende conto improvvisamente delle implicazioni di quanto gli è stato detto.
Comincia a urlare: "Ma io non sono un nitiniano...!", ma a questo punto il suo aspetto umano svanisce, ed egli si trasforma in un insetto.
Dovremmo imparare a guardare la realtà in modo radicalmente diverso.
Come il nostro senso estetico, o quello dell'umorismo, o come le nostre preferenze sessuali, la realtà consiste essenzialmente nel modo in cui uno lo considera.
Potremmo dire, come già altri prima di noi, che il mondo esiste in quanto qualcuno ha coscienza di esso.
Il fisico John Wheeler si è spinto ancora più lontano, dilatando il concetto di "principio antropico" e suggerendo che noi stessi creiamo l'universo con l'atto di percepirlo.
E' questa la nozione che fece tanto indignare Einstein.
Eppure lui stesso aveva dato un contributo fondamentale all'elaborazione di questo nuovo universo della fisica, in cui il ruolo dell'osservatore è di importanza capitale.
Un poeta dimenticato, William Watson, scrisse questa poesia intitolata "Stranezza del Mondo":
Da una stanza all'altra io vago
Ma l'ospite mio non ne è presago
E fino a oggi non so invero
Se io sia ospite o prigioniero
Talvolta, cercare i "significati" delle cose con la coscienza quotidiana è come entrare in una galleria d'arte e volerne apprezzare i quadri osservandoli con il binocolo.
Sarebbe buona cosa e giusta, al giorno d'oggi, creare una nuova filosofia basata sul riconoscimento dell'esistenza di tali significati nascosti o sottesi alla realtà delle cose.
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