“Suspiria” di Dario Argento è un film che ha lasciato il segno nella storia del cinema.
Un capolavoro ipnotico e spaventoso, la cui regia rimane incomparabile.
Dario Argento ha ispirato molti cineasti e il regista Luca Guadagnino è uno di questi.
Guadagnino ha dichiarato infatti che il film non è esplicitamente un remake, ma è invece un omaggio alla "potente emozione" che provò quando guardò per la prima volta il film originale.
Per molti appassionati di cinema e soprattutto per i fedelissimi del maestro Dario Argento c’erano molte perplessità.
Nel complesso è un buon film.
A mio giudizio nessuno degli attori spicca davvero, tranne la grande Tilda Swinton e la giovane Chloë Grace Moretz.
La protagonista Dakota Johnson (meglio conosciuta nei film “50 sfumature ....” ) copre un ruolo fondamentale e offre uno spettacolo impressionante, tra danza e possessione demoniaca, due aspetti fondamentali del film.
Tra le protagoniste figurano anche Mia Goth e Jessica Harper. Quest'ultima è stata protagonista del film originale, ma in questa rivisitazione interpreta un ruolo differente.
La colonna sonora di Thom Yorke dei Radiohead è imponente, ed è un valore aggiunto alla pellicola.
C’era davvero bisogno di rimodernizzare quest’opera?
Eppure il regista è riuscito a distaccarsi dal lavoro originale con una visione radicale.
La trama si svolge nella città di Berlino nel 1977 (l’anno di rilascio di “Suspiria” di Dario Argento), ed è divisa in 6 atti.
Una giovane ragazza americana (Dakota Johnson) si unisce a un’ importante accademia di danza, che si rivela essere un un covo di streghe, la cui famosa Helena Markos, che dà il nome alla stessa scuola, sarebbe la “Madre Superiora”.
Dopo un prologo che infonde un’atmosfera di angoscia con Patricia (Chloë Grace Moretz) in visita dal suo psichiatra, e che funge da filo conduttore della storia, il film inizia una discesa lenta e graduale verso l’inferno.
Se in “Suspiria” di Dario Argento il ballo era solo una decorazione, qui invece è al centro del film.
I balletti, coreografati dal franco-belga Damien Jalet, sono potenti e sviluppano il tema visivo dell'antagonismo tra il potere della vita e il potere della morte, come quello spettacolare e ripugnante dell’audizione di Susie, in alternanza con un’altra ballerina in un’altra parte dell’edificio
Ciascun movimento del corpo implica collegamenti al soprannaturale e se da un lato è puro spettacolo, dall’altro emerge il terrore quando la stessa ballerina compie dei movimenti estremi superando i propri limiti (Dakota Johnson stessa è finita nel pronto soccorso durante le riprese di una scena di danza , vale quindi la pena sottolineare che la bellezza di una performance artistica può a volte celare enormi sofferenze e fatiche).
Poi c’è Madame Blanc (Tilda Swinton), fredda, acuta ma anche materna e che suscita l’ammirazione delle sue ballerine. Lei è il potere ipnotico del film.
Sembra un vampiro che su nutre dalle emozioni emanate dalle danze delle sue studentesse, ma le libera anche e soprattutto dal peso di un mondo esterno creato da e per gli uomini.
Ma anche lei stessa subisce un potere più forte.
Suspiria non gioca la carta della paura. Crea disagio e l'angoscia.
È fuori discussione cercare di riprodurre la fotografia di Luciano Tovoli che con Technicolor utilizzò i colori primari. Qui Sayombhu Mukdeeprom sceglie colori grigi e freddi, tra i quali spicca il verde pallido e il marrone.
Il rosso arriva a piccoli passi, come molti segnali visivi che annunciano il finale, tra cui la sequenza di balletto con queste stringhe rosse legate al corpo delle attrici che evocano pratiche di sottomissione e servitù, un contrasto visivo tra corpi liberi e corpi dominati da una forza demoniaca.
Guadagnino esplora l'ambiguità umana, il suo lato oscuro, messa in scena in questa micro società di donne che desiderano sfuggire a un mondo violentemente patriarcale.
Ambiscono al potere e lo raggiungono, ma ogni potere cela il lato oscuro e distruttivo.
Suspiria è quindi una "ripresa", per usare la parola di Tilda Swinton, assolutamente emozionante che non deve temere il confronto con l'originale.
Non grido al capolavoro, ma lo ritengo un successo.
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